che cos'è il burnout

Cosa si intende per burnout? Si tratta di una sindrome caratterizzata da esaurimento emotivo e legata alla componente relazionale dell’attività professionale che porta i lavoratori a sviluppare comportamenti di disaffezione, distacco ed evitamento con conseguenze disastrose a livello individuale e organizzativo.

Troviamo altre interpretazioni sul significato di burnout, come per esempio, quello di Christina Maslach, una delle più autorevoli ricercatrici sul tema, che definisce il burnout come “una sindrome psicologica che emerge come risposta prolungata a stressors interpersonali cronici sul luogo di lavoro.” (Maslach, 2016).”

Sono tre gli aspetti principali che caratterizzano la sindrome da burnout secondo Maslach:

  • Esaurimento, in cui le persone si sentono prosciugate ed emotivamente esauste;
  • Sensazione di alienazione dalle attività lavorative, dove le persone percepiscono il loro lavoro come sempre più stressante e frustrante;
  • Riduzione delle performance lavorative, dove il burnout peggiora le performance lavorative.

La nascita del concetto di burnout, che letteralmente significa scoppiato, bruciato, cortocircuitato, è attribuibile a Herbert J. Freudenberger che nel 1974 lo introdusse per indicare uno stato di insoddisfazione dovuta al mancato raggiungimento di una meta prefissata dall’individuo.

In seguito, molti studiosi si occuparono del problema e lo definirono una sindrome da esaurimento nervoso, depersonalizzazione e ridotta realizzazione personale che può insorgere in operatori che lavorano a contatto con la gente.

Il costrutto nasce in ambito sociosanitario, in seguito a ricerche condotte in contesti lavorativi particolarmente difficili e coinvolgenti che comprendono categorie di professionisti quali medici, infermieri, ma anche insegnanti, operatori sociali e poliziotti (helping professions).

La relazione d’aiuto prevede, spesso, un notevole dispendio di energia, soprattutto nei casi più estremi, quali disagi non curabili (es. malattie croniche) o resistenza da parte del paziente/cliente (es. tossicodipendenze). Gli operatori delle helping professions si fanno carico di grandi responsabilità e sono spesso costretti a orari prolungati e ritmi di lavoro molto intensi; ma soprattutto vivono a contatto stretto e continuo con la sofferenza dell’utente, cosa che richiede una capacità di presa in carico del dolore altrui che non è affatto comune.

L’evoluzione concettuale del costrutto ha portato a estendere le ricerche in tutti i contesti lavorativi. Il burnout, nella sua definizione più recente, si compone di “esaurimento, disaffezione lavorativa e ridotta efficacia professionale”, legati spesso a fenomeni di stress lavoro correlato e, in particolare, al burnout.

La disaffezione descrive un atteggiamento di generico e cinico distacco dall’attività lavorativa. L’esaurimento descrive una sensazione di vuoto che rende incapaci di recuperare le forze e ripristinare l’equilibrio.

Il burnout, a differenza dello stress, non fa riferimento a un evento isolato o a uno stato temporaneo, bensì a un processo che tende a cronicizzarsi. La specificità di tale fenomeno è associata alla necessaria presenza di una componente relazionale (dovuta al frequente contatto con utenti, colleghi e/o superiori).

È importante notare che il burnout non si verifica solo in ambito professionale. Quando lo stato di esaurimento avviene in soggetti che si prendono cura dei propri cari ammalati, si parla di ‘burden del caregiver’, evidenziando la vastità e la complessità di questo fenomeno.

La sindrome di Burnout, oggi è ufficialmente un vero e proprio fenomeno lavorativo e non una malattia. A precisarlo è stato l’OMS (l’Organizzazione Mondiale della Sanità).